Diritto all’oblio
È legittima la richiesta danni alla testata giornalistica che non rimuove o non aggiorna una notizia lesiva della reputazione
Il diritto all’oblio, o right to be forgotten, consiste nella pretesa che chiunque può far valere in merito alla cancellazione dei propri dati personali che lo espongono senza limiti di tempo ad una rappresentazione non più attuale della propria persona.
Fu la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ad introdurre nella giurisprudenza comunitaria il diritto all’oblio nel noto caso Google Spain (Google Spain SL, Google Inc. vs Agencia Española de Protección de Datos, Mario Costeja González causa C−131/12).
Infatti il 13 maggio 2014 la Corte si pronunciò a favore della richiesta avanzata dal sig. Mario Costeja González a cui il motore di ricerca Google aveva negato la rimozione della notizia riguardante una procedura di pignoramento immobiliare a suo carico ormai estinta e datata.
Tale diritto venne successivamente introdotto dall’art. 17 del regolamento UE n. 2016/679 (GDPR) il quale riconosce all’interessato di poter richiedere la cancellazione dei dati qualora non sia più necessaria la permanenza della loro pubblicazione rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati.
Recentemente anche la Riforma Cartabia ha dato rilievo al diritto all’oblio attraverso l’introduzione dell’art. 64-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale in forza del quale l’imputato prosciolto può richiedere alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento la preclusione della indicizzazione e la deindicizzazione dei dati. Nel primo caso non vi sarà più la possibilità di accedere alla notizia su internet tramite motori di ricerca mentre nel secondo il contenuto precedentemente pubblicato non sarà più disponibile sul web.
La Corte di Cassazione si è espressa nel tempo attraverso varie pronunce che hanno confermato la portata del diritto all'oblio evidenziando le responsabilità degli editori nel trattamento dei dati personali (Cass. civ., sez. III, ord. 11 dicembre 2024 n. 31859).
Gli Ermellini inoltre sono stati chiamati recentemente ad esprimersi anche in merito alla lesività della reputazione di un soggetto a causa della sopravvenuta inattualità della notizia per effetto del decorso tempo.
Nella sentenza 6116 del 1 marzo 2023 infatti hanno elaborato il principio secondo cui l'ingiustificato rifiuto o ritardo da parte del titolare di un sito web di una testata giornalistica è idoneo a comportare persino il risarcimento del danno patito. Pertanto, nonostante la persistenza di informazioni non aggiornate su un sito web non costituisca di per sé un illecito, il soggetto a cui si riferisce la notizia ha diritto ad attivarsi per esercitare il diritto all'oblio ed è legittimato a richiedere il risarcimento dei danni se la testata giornalistica si rifiuta o se ritarda l'aggiornamento o la rimozione dei dati.